Vent’anni dopo Noi Stessi

A Prato, nel popolare circolo “Lanciotto Ballerini” di Mezzana, si è celebrata giovedì 5 luglio 2018 una piccola festa in occasione dei vent’anni dall’uscita di “Noi Stessi – Discorso sull’autogoverno della Tuscia”, un saggio del 1998 (NTE, Campi Bisenzio) di Mauro Vaiani, attuale presidente del Comitato Libertà Toscana.

Per i dettagli sull’evento, rimandiamo a Facebook.

Una nota di commento la si può leggere sul blog del presidente Mauro Vaiani, Diverso Toscana.

L’incontro è stato possibile anche alla collaborazione degli attivisti di Comitato Libertà Toscana.

Per chi volesse approfondire il significato di questo libruccino toscanista, ancora acerbo ma già fortemente cosciente della necessità di rilanciare l’autogoverno nella nostra terra e ovunque, riproduciamo qui ampi stralci del capitolo conclusivo del saggio. La “lega per la madreterra” di cui si parla nel saggio di vent’anni fa, ha preso oggi forma nel nostro Comitato Libertà Toscana. La Tuscia, nel saggio di vent’anni fa, può essere intesa, a seconda delle preferenze del lettore e degli abitanti della nostra terra, come una piccola Toscana o un regione appena più grande, che ricomprenda anche parte dell’Umbria e dell’Alto Lazio.

 


La lega per la madreterra

L’autogoverno della Tuscia non sarà cosa di un giorno, non potrà essere proclamato per decreto, né potrà consistere in un qualche progetto astratto, compiuto e risolutore. Sarà piuttosto un pensare ed un costruire, curvi sulla banalità, talvolta sulla brutalità, più spesso sulla meraviglia, delle cose di tutti i giorni.

Cominceremo recuperando il nostro parlare diverso, il genio, il pensiero e l’arte della nostra terra, arginando l’appiattimento dei nostri dialetti, vernacoli, lessici familiari e amicali, causato dal bombardamento a cui ci sottopongono i media italiani ed internazionali.

Ritroveremo la capacità ed il piacere di avere canto, musica, costumi e cerimonie, gusti e manie locali, che pongano un gioioso freno ad un processo di massificazione che, sfidando ogni ordine naturale, ci vorrebbe tutti uguali, non solo nei consumi, ma addirittura nelle passioni e nelle aspirazioni, da Bolzano a Trapani, da Reykjavik a Città del Capo.

[…]

Ritorneremo al rispetto per gli immensi beni comunitari che il cosiddetto progresso ha trasformato in terra di nessuno alla mercé dei furbi e dei violenti, e che invece sono pubblici, cioè appartengono agli spiriti dei nostri antenati che ce li hanno lasciati, alle future generazioni che hanno diritto ad ereditarli, a noi stessi che ne siamo i temporanei responsabili.

Ridaremo credibilità e vigore a principi che dovrebbero essere ovvi, ma che non lo sono mai: onestà e integrità, senso del limite (compreso lo smarrito senso del ridicolo), percezione della nostra parzialità e della parzialità della politica. Il tutto vissuto con quell’ironia e quel disincanto che ci appartengono storicamente, come popolo della Tuscia, e che, più di una volta, ci hanno protetti dai veleni dell’ideologia, dai fanatismi, dagli eccessi della modernità.

Con il crollo degli stati e delle burocrazie, ridiventa evidente che il fine non giustifica i mezzi e che il diritto non ammette di essere piegato ad esigenze morali o immorali. Nemmeno in politica. Se anche non accadesse altro, questo recupero di responsabilità e laicità nella vita pubblica sarebbe già tanto: una potente leva di cui si faranno forti i movimenti di ripensamento della modernità, le rivoluzioni nonviolente del domani, il risveglio dei conservatori, la rinascita di una cosciente e lungimirante borghesia. Ma avremo certamente di più. Potremo dare vita ad un antico e nuovo pensiero, che vorremmo definire

tradizionale e libertario.

Un pensiero originalmente conservatore, che creda nel primato della vita locale e quotidiana sulle manifestazioni di numero e forza scatenate a livelli più alti. Rispettoso dei diritti naturali, del pluralismo culturale, delle convinzioni religiose, delle diversità, delle debolezze e delle grandezze della vita umana e dell’intangibilità dell’intero creato. Capace di contribuire alla nostra personale felicità ed al benessere della nostra vera patria e di tutte le patrie ad essa sussidiarie.

Questo pensiero può riguardare coloro che credono in una concezione libertaria della vita pubblica, in un dialogo politico e culturale a tutto campo, in una teoria ed in una pratica politiche che si fondino non su convinzioni astratte, ma su approssimazioni, imperfezioni, aggiustamenti, riflessioni continue sulle conseguenze concrete del nostro agire nella vita pubblica. In breve, tutti coloro che sono virtualmente candidati a sostenere, per l’autogoverno ed il buongoverno della Tuscia, una lega per la madreterra che raccolga le attese di cui ci siamo fatti portavoce.

Questa lega sarà quell’associazione leggera, flessibile, strumentale, dal sapore vagamente casalingo, familiare – persino materno – come ha raccomandato Beppe Grillo – che da tanti anni aspettiamo, per liberarci non solo da pur angosciose paure interiori, ma anche dai ben più concreti pesi impostici dai “grandi fratelli” della modernità.

La lega per la madreterra è cominciata con il lavorio sommesso di gruppi civici, federalisti e verdi, in “rete” ed in “lega” fra di loro, raccolti Insieme per la propria città. Ne fanno parte movimenti di risveglio etnico; cattolici liberali in diaspora dall’eticismo dei loro partiti democristiani; esperienze radicali, laiche e libertarie; uomini e donne di sinistra e di destra in polemica con i loro partiti-piramide nazionali.

[…]

Pur provando dell’affetto per un certo “comunismo morale” tipicamente toscano, rispettando la storia e la cultura di questi avversari, in non pochi casi ammirandone lo spessore umano e le capacità di governo, vogliamo per la Tuscia un futuro senza questo suo moderno principe. […] Lo contrastiamo soprattutto perché collettore di risorse e corruttore di intelligenze, permeabile persino ad esperienze che ha combattuto fino al giorno prima di averle annesse, continuamente rafforzato da una sempre più vasta e servile coalizione sociale e politica. Per questo suo essere, in definitiva, una macchina egemonica, che si nutre di tutte le speranze, le energie e le ribellioni della nostra madreterra, proprio mentre le tradisce, assicurando certezza di carriera ai propri funzionari, continuità agli affari dei propri clienti, eternità del potere a se stessa.

[…]

[La lega per la madreterra sarà] Aperta all’insperato e conservatrice delle cose di sempre. Occasione per buone bevute e lunghe serate in compagnia, oltre che di faticose giornate di studio e messa a punto delle necessarie riforme. Soprattutto di buone leggi che ne abroghino centinaia di migliaia delle cattive che ci opprimono. Promotrice di un ideale di buongoverno che, con il passare dei secoli, resta sempre quello di Ambrogio Lorenzetti e del suo affresco Il buono governo in città e campagna, del 1338-40, tuttora visibile e comprensibile sia al borghese che al forestiero, nella Sala della Pace del Palazzo Pubblico di Siena.

[…]

Ogni persona conterà qualcosa in questo dibattito ed avrà la possibilità di dire la sua, discutendo, votando, decidendo. In uno spazio così contenuto e, diciamocelo, così meraviglioso ed unico, la lega per la madreterra ed i suoi avversari potranno giocarsi, lealmente e apertamente, una bella partita.

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