25 anni fa l’attentato di Via de’ Georgofili

Nella notte fra il 26 e il 27 maggio del 1993 Firenze fu sconvolta dall’attentato di Via de’ Georgofili. Nel 25° anniversario ricordiamo e onoriamo le cinque vittime: Angela Fiume e Fabrizio Nencioni, le loro figlie Nadia e Caterina e lo studente Dario Capolicchio.

La giustizia ha assodato che l’attentato fu voluto dalla Mafia siciliana. Gli storici ancora riflettono sulla portata e sul significato di quella stagione stragista messa in campo dall’organizzazione criminale e su come lo stato italiano si confrontò con essa.

Noi crediamo, come forza politica toscanista, che sia nostro dovere ricordare, ma anche e soprattutto di continuare a lottare con tutte le nostre forze contro le condizioni sociali e politiche in cui le mafie possono prosperare.

Fra le grandi fonti di introito per le piovre criminali ci sono il proibizionismo di stato, il riciclaggio di denaro sporco, la corruzione nelle pubbliche amministrazioni troppo piramidali e quindi, per definizione, poco controllabili dall’esterno e dal basso.

Il primo e il secondo male sono diffusi in tutto il mondo e infatti fanno prosperare le mafie in ogni angolo del pianeta.

Il terzo male colpisce in modo particolarmente serio stati eccessivamente grandi e centralizzati, come l’Italia.

Non possiamo e non vogliamo essere semplicistici, ma siamo convinti che troppo potere e troppo denaro siano concentrati a Roma. La Sicilia viene trattata dalla politica italiana come una colonia mantenuta in soggezione attraverso l’assistenzialismo. Lo sviluppo di una economia locale e di autorità locali forti viene ostacolato dal potere centrale. La cosiddetta “autonomia speciale” della Sicilia è in gran parte un sogno tradito, una esibizione di potere senza responsabilità.

Le organizzazioni criminali prosperano nel deserto lasciato da quello che non esitiamo a chiamare neocolonialismo italiano.

Noi ci impegniamo a tener desta, culturalmente e politicamente, una riflessione politica approfondita e seria sulla liberazione del mondo dalle mafie, processo di liberazione che può e deve passare attraverso una discussione seria su come esse si finanziano in tutto il mondo e, in Italia, sulla fine del colonialismo praticato nei confronti della cara terra di Sicilia, oltre che del centralismo che soffoca tutti i territori.

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(La foto è un dettaglio tratta da una galleria di archivio Rai)