Il Granducato e noi

Per noi Toscani il Granducato ha un significato non solo storico, ma anche sociale e politico. Ha un posto importante non solo nel nostro cuore, ma nella nostra religione civile, nella nostra coesione sociale, nella mentalità politica di tutti i Toscani di nascita o di elezione che hanno a cuore i  beni comuni e che vorrebbero riprendere in mano il proprio destino. Per proteggere la storia e i simboli del Granducato, che sono beni comuni di tutti i Toscani, da strumentalizzazioni e ridicolizzazioni, abbiamo raccolto in questa pagina un invito alla riflessione.

 

Il Granducato per i Toscani non è una mera tradizione da difendere, ma la precisa coscienza che l’autogoverno della nostra terra è stato, e quindi potrebbe tornare a essere, uno spazio geopolitico di maggiore libertà e prosperità.

Molte popolazioni, anche europee, quando si voltano indietro verso il loro passato pre-industriale, prima del tempo dei grandi stati centralizzati, militaristi, colonialisti e guerrafondai, trovano ben pochi appigli e sono soggette alle grandi illusioni e delusioni di quella che è stata chiamata “invenzione della tradizione“.

Noi Toscani, al contrario, troviamo nel Granducato la testimonianza di una precisa e concreta esperienza di buongoverno, resa possibile da condizioni particolarmente favorevoli e non comuni. Fra di esse vogliamo ricordare: la storia di autogoverno dei nostri liberi comuni e delle nostre principali repubbliche (Firenze, Pisa, Siena e Lucca); la coesione sociale e l’accumulazione di senso civico che è stata resa possibile dalla mezzadria, dalla piccola proprietà rurale, dalla relativa libertà di cui hanno sempre goduto le botteghe artigiane e i mercanti toscani; l’influenza capillare e durature delle società di Misericordia e di altre istituzioni di assistenza sociale di ispirazione evangelica.

I primi granduchi furono conquistatori e oppressori, come dimostrano anche plasticamente le poderose fortezze medicee realizzate in tutta la Toscana, più per tenere a bada la popolazione interna che per fronteggiare nemici esterni. Tuttavia il Granducato, alla lunga, non si lascia coinvolgere nella competizione militarista e colonialista in cui si lanciano invece gli altri stati europei moderni.

Nel Settecento il governo granducale si incarna nella mitezza degli ultimi Medici e nel paternalismo illuminato della dinastia lorenese che li sostituì. Gian Gastone de’ Medici, l’elettrice palatina Anna Maria Luisa de’ Medici, i reggenti nominati da Francesco III Lorena, il grande riformatore Pietro Leopoldo di Lorena, i suoi successori Ferdinando III e Leopoldo II (detto “Canapone”) godono della meritata fama di essere stati governanti ligi ai loro doveri e interessati sinceramente al bene della madreterra toscana e delle generazioni future.

In pochi decenni, il Granducato conobbe riforme di grande respiro (grazie a Marco Calusi e alla dott.ssa Alice Calusi per averci aiutato a stilare questa lista):

  • 1767, liberalizzazione cerealicola
  • 1768, abolizione dell’appalto generale
  • 1769-70, abolizione delle corporazioni e libertà di commercio all’interno dei confini toscani
  • 1773, riforma della polizia
  • 1774, istituzione di una milizia civica
  • 1777, avvio della riforma comunitativa, che è sostanzialmente la base giuridica della saldezza e della resilienza con cui le autonomie locali toscane sono entrate nella modernità
  • 1778, istituzione delle scuole leopoldine, laiche e pubbliche
  • 1779-82, progetto di una costituzione per il Granducato
  • 1781, tariffa doganale unica
  • 20 novembre 1781, varo del Regolamento particolare della Comunità di Firenze, la nascita del moderno comune
  • 30 novembre 1786, riforma penale, bando delle torture fisiche e abolizione della pena di morte (la Toscana prima nazione moderna ad abolire la pena capitale)

Non possiamo certamente trattare qui le profonde, drammatiche contraddizioni del cosiddetto “Risorgimento italiano”, ma ci pare importante non dimenticare che i sostenitori dell’unificazione italiana la realizzarono senza il consenso del popolo del Granducato di Toscana.

Il 27 aprile 1859, Leopoldo II, per risparmiare al suo paese ogni violenza, decise di lasciare pacificamente il potere e di partire per l’esilio, con pochi bagagli, senza alcuna pompa. La carrozza granducale, a Firenze e lungo la via Bolognese, fu salutata dal popolo fiorentino con levate di cappelli e con il grido “Addio babbo Leopoldo!”. Il giorno della fine del Granducato non fu che l’inizio della nostalgia dei Toscani per il loro stato.

Le violenze e gli imbrogli con cui l’anno dopo, il 12 marzo 1860, fu celebrato il plebiscito – a voto obbligato e palese – che sancì l’annessione della Toscana al regno sabaudo, furono un ulteriore alimento per la diffidenza popolare contro lo stato centralista italiano.

Non migliorarono la situazione, anzi dimostrarono ancora di più la distanza fra lo stato sabaudo e i ceti popolari toscani, i lavori di sventramento e stravolgimento di Firenze, voluti negli anni in cui essa doveva servire come capitale ai conquistatori (1864-1871).

Quando poi sulle popolazioni rurali e artigiane della Toscana si abbatterono le immani tragedie scatenate dallo stato centralista – le guerre coloniali, la “Inutile strage“, il fascismo, la Seconda guerra mondiale, la Linea Gotica – nella nostra gente, per contrasto, si è radicato ancora di più un profondo rimpianto per il governo lorenese. Un rimpianto che è sopravvissuto a ogni propaganda nazionalista e retorica unitarista.

Bisognerà aspettare tuttavia la resistenza antifascista ed esperienze come quella del “Comitato Toscano di Liberazione Nazionale“, per vedere riportato all’ordine del giorno il valore delle autonomie territoriali e sociali, contro l’autoritarismo dello stato centralista. La moderna Regione Toscana, finalmente istituita nel 1970, è sempre stata vista, dalla maggioranza popolare, come un primo, anche se sicuramente troppo timido, tentativo di recuperare una forma di libero e responsabile autogoverno toscano.

Sia chiaro che noi, come Comitato Libertà Toscana (CLT), ci guardiamo bene dal ricadere in certi tentativi di strumentalizzare, a fini politici ed elettoralistici, la memoria e i simboli del Granducato, che purtroppo non sono mancati e che, anche quando sono stati condotti in buona fede, hanno finito con lo sminuire il valore presente del nostro passato granducale, se non addirittura per mettere in pericolo i valori di Toscana. Purtroppo si sono visti alcuni urlatori, ignoranti, sguaiati, razzisti, misogini, omofobi e violenti, con in mano bandiere toscane di cui non erano certamente degni.

Il Comitato Libertà Toscana (CLT) guarda avanti, verso una Toscana che si autogoverna all’interno di una Italia rinnovata dall’autodeterminazione dei suoi territori, in una confederazione europea, in un mondo definitivamente liberato dal colonialismo e dall’imperialismo, con una azione politica laica, popolare, nonviolenta, ancorata a principi forti e a una ferrea volontà di libertà e giustizia universali.

 

 

La versione semplificata della bandiera del Granducato di Toscana – Per le fonti di questa immagine e per una introduzione alla storia di questa insegna, si cerchi su Wikipedia la voce “Bandiera_del_Granducato_di_Toscana”