Sul nuovo governo Conte

Una riflessione sul nuovo governo Conte-Di Maio-Salvini. Ci aspettiamo che mantengano la promessa di essere amici delle autonomie e vicini agli ultimi. Mettiamo in guardia da un eventuale nuovo tentativo presidenzialista.

 

Firenze, sabato 2 giugno 2018

Il nuovo governo, la Repubblica delle autonomie, la Toscana

Alcune note su questo nuovo governo Conte-Di Maio-Salvini, a cui in ogni caso facciamo gli auguri di buon lavoro.

Primo, è un governo plurale e composito, per provenienze, esperienze e appartenenze politiche; ne siamo lieti, perché ne avevamo abbastanza di uomini soli al comando. Sentiamo purtroppo alzarsi un vento di conformismo che chiede un “sindaco” d’Italia, eletto direttamente come il presidente francese. Ebbene lo diciamo con chiarezza e con fermezza: qualsiasi forma di premierato forte o di presidenzialismo, sarebbe contraria al cammino verso il rafforzamento delle regioni italiane e dell’Europa delle regioni. Combatteremmo questa eventuale deriva centralista e plebiscitaria moltiplicando il nostro impegno decentralista, qui in Toscana e in solidarietà con gli autonomisti e gli indipendentisti di tutta Europa.

Seconda considerazione, che tocca principi che per noi sono fondamentali. Il governo si impegna a essere amico delle autonomie, una promessa il cui mantenimento è affidato al sottosegretario Giancarlo Giorgetti (che viene dalla Lega storica, non è uno degli ultimi arrivati nella Lega tricolore) e al ministro Riccardo Fraccaro (che è dei Cinque Stelle, ma soprattutto viene dal Trentino, uno dei migliori esempi di autogoverno in questa Repubblica). Restiamo vigili, però, perché sappiamo quanto siano verticali e centralizzate le due organizzazioni politiche vincitrici e ora alleate al governo, i Cinque Stelle e la Lega. Abbiamo visto, non senza preoccupazione, come la Lega abbia relegato sempre più in un angolo il tema delle autonomie, pur conservandolo localmente dove si trova il suo «zoccolo duro» delle origini. Ricordando l’insegnamento di Gandhi sulla intima relazione fra mezzi e fini, dubitiamo che da una forza politica centralista possano venire frutti decentralisti, ma ovviamente saremmo ben lieti di essere smentiti.

Terza osservazione, sul tema delle autonomie. Non sono ammesse semplificazioni e scorciatoie. Non può essere ridotto a discussioni sulle risorse economiche e la loro destinazione, né consente ad alcuno di coltivare rivalità ed egoismi, ma ci deve essere rispetto per i comuni e le regioni così come esse sono e come la gente le vuole. Speriamo che si ponga fine alle unificazioni forzate di territori (e servizi). Ci ricordiamo bene quando Umberto Bossi, poi seguito da Beppe Grillo, poi raggiunto da Enrico Rossi, parlarono di macroregioni. Noi ci opponiamo e ci opporremo, perché scelte del genere allontanerebbero ulteriormente le istituzioni dai cittadini e le amministrazioni dal contatto diretto con i problemi.

In quarto luogo, i nostri ideali di autogoverno possono sì incontrarsi con gli obiettivi di democrazia diretta di questo governo, ma solo se ci sarà una chiara presa di coscienza che essa non è semplicemente possibile in un paese di 60 milioni di persone. Nel grande paese, non è possibile la consapevolezza dell’informarsi-giudicare-scegliere, ma solo lo scontro mediatico fra slogan lanciati dalla televisione e meme sulla rete – una competizione a imporre ignoranza al grande pubblico, per ricordare un antico concetto di Karl Deutsch. La democrazia diretta è possibile solo in stati e paesi piccoli, dove c’è consuetudine e coinvolgimento fra governanti e governati, oltre che una solida istruzione pubblica universale che instilli senso critico nelle persone, oltre che abbondanza di centri civici locali dove ritrovarsi, parlarsi, confrontarsi.

Quinto, il governo promette di voler porre fine all’isteria anti-Federazione Russa e all’interventismo neocolonialista in Africa e in Asia, con la quale si giustificano ancora enormi spese militari, moltiplicazioni di strutture militari offensive della NATO (che sono contrarie allo spirito originario del Patto Atlantico, che era difensivo e non aggressivo). Anche su questo lo vogliamo incoraggiare, ponendo subito il problema di ridurre drasticamente le basi militari anche in Toscana, magari liberando spazi che servono per le infrastrutture (come gli spazi che servono al potenziamento di Pisa come aeroporto intercontinentale della Toscana).

Sesto, il governo promette di consentire la formazione di nuove istituzioni locali pubbliche per la gestione del ciclo dell’acqua. E’ una cosa ottima in teoria, oltre che un atteso riconoscimento della volontà popolare. Anche i Toscani hanno chiesto il ritorno agli acquedotti locali e pubblici e questa promessa deve essere mantenuta, affidandone agli amministratori locali la realizzazione, senza imposizione, né da Roma, né da Bruxelles di schemi rigidi e astratti.

Settimo e, per il momento, ultimo, vogliamo sottolineare con rammarico che, nel solco tipico della storia politica italiana, si continua a credere che nuovi ministeri e nuove leggi centrali possano effettivamente fare qualcosa per migliorare la vita dei cittadini. Invece tutto ciò è illusorio, fallace: non si possono imporre, da Bruxelles o da Roma, astratte politiche ambientali, agroalimentari, dei flussi migratori, di salvaguardia dei disabili e dei più deboli, della famiglia, senza che poi le comunità locali abbiano i poteri necessari per farle proprie ed attuarle. Centralizzare o comunque voler dirigere tutto da Palazzo Chigi e in particolare la gestione dei servizi sociali e dei problemi ambientali, senza attuare la Costituzione autonomista, senza valorizzare la responsabilità delle regioni e dei comuni, è stato uno dei più grandi errori di Berlusconi, di Prodi, di Monti, di Renzi. Per favore, non continuate sulla strada rovinosa seguita finora. Grazie!

A tutti buona festa della Repubblica delle autonomie.

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